C’è chi crede ciecamente nella globalizzazione, un regime economico che annienta il bello della diversità ed omologa il mercato e gli uomini. C’è chi si è definitivamente votato alla religione del consumismo, la mentalità che vede nell’accumulo di “cose” il fine ultimo della esistenza umana. C’è chi si è sottratto ai grandi ed eterni interrogativi della vita per saziarsi unicamente dal mito del progresso. C’è chi è diventato fedele portavoce della cultura del “no limits”, per la quale ogni idea di confine è da abbattere, che si tratti di confini geografici, sociali o biologici. C’è chi, innamorandosi della dimensione globale, ha rinnegato la propria terra. C’è chi, ritenendosi moderno, ha rinunciato alla propria identità.
Ma tra le pieghe del presente, c’è chi continua a credere in qualcosa. C’è chi vede nella velocità di questa nave, che è la società, uno strumento per incatenarci alla fissità del nulla. C’è chi crede in una società fondata sul rapporto umano, sul solidarismo e che rifugge il materialismo. C’è chi si impegna a recuperare dalle civiltà antiche lo spirito e la bellezza. C’è chi conserva la sua identità, per riconoscenza verso la storia. C’è chi, con senso del dovere, è impegnato a costruire un futuro giusto e ricco di opportunità.
Da una parte i globalisti, dall’altra i patrioti. È la sfida del nostro tempo. Traccia un confine.